Pubblicità in cambio di merce: come funziona?

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Il meccanismo di cui stiamo per parlare non è una innovazione di questo periodo: si tratta del barterng , cioè ottenere qualcosa – in questo caso pubblicità, ma nei primi tempi beni con beni – in cambio di merce, quindi senza esborso diretto di denaro. Nato in periodi di grande crisi, già dal 1929, questo sistema consente di “barattare”- questo il significato della parola inglese barter – prodotti o servizi e di ottenere in cambio, ad esempio, pubblicità per la propria azienda.
All’origine, lo scambio era gestito direttamente dai produttori: in momenti di scarsa liquidità, si offriva e si acquistava qualcosa in modo immediato, creando una circolazione di beni e servizi che aiutava a gestire le difficoltà finanziarie.

In più non era necessariamente uno scambio bilaterale: si potevano incamerare anche crediti e cedere debiti, coinvolgendo così altri attori ed estendendo quindi i benefici del baratto ad altre industrie o operatori. Questo consentiva la circolazione di beni e di servizi, anche in momenti storicamente molto difficili, creando comunque una “ripresa” economica, benché senza un vero e proprio flusso di denaro liquido.

Ora però prendiamo in esame solo quel che riguarda la pubblicità ottenuta attraverso la cessione, in generale, di scorte inutilizzate. il cambio merce pubblicitario è davvero un’idea vincente: per cominciare, non costringe ad impegnare la liquidità dell’azienda, beneficio innegabile in qualunque situazione facendo quindi risparmiare soldi.

Chi produce beni, è spesso costretto ad aumentare la produzione per ripartire i costi fissi su un numero crescente di prodotti. In questo modo, si vengono a creare le eccedenze di magazzino, utili nel nostro caso. Considerata la velocità con cui si evolve il mercato, il rischio che i prodotti in più invecchino in un capannone è sempre più concreto e poterli utilizzare rapidamente è essenziale. In più, la rimanenza di merce invenduta rappresenta anche un problema di natura fiscale, perché impatta sugli utili d’esercizio. Acquistando pubblicità in cambio di una fornitura merce, il valore del magazzino fiscale si abbatterà sensibilmente.

Ma come si svolge , esattamente, la transazione tra operatore pubblicitario e azienda? Tanto per cominciare, l’azienda che vuole investire in pubblicità ha certamente un obbiettivo: raggiungere un target diverso? Espandersi su mercati diversi, all’estero? Portare a conoscenza dei consumatori un prodotto meno richiesto, o una serie di offerte legate ad un periodo o ad un evento? Qualunque sia il motivo, la definizione del proprio traguardo di marketing è essenziale, soprattutto per riuscire ad individuare i mezzi pubblicitari più idonei allo scopo. In questo campo, la scelta è veramente ampia: si parte dalla pubblicità su carta stampata, un classico forse trascurato, ma sempre d’effetto e si prosegue per la promozione attraverso i media più diffusi, prima fra tutti la ben più capillare televisione. Anche qui, però, bisogna saper scegliere: realizzare uno spot o affidarsi ad una telepromozione? Molto dipende dall’accordo che si raggiungerà, ma anche dal tipo di pubblico che ci interessa conquistare: lo spot è trasversale, passa più volte al giorno e può essere visto da un gran numero di persone.

La telepromozione in certi orari, per contro, potrebbe essere più produttiva se abbiamo necessità di attrarre una fetta dell’audience ben determinata: passare subito prima delle soap dell’ora di pranzo, sarà di certo la scelta migliore per chi vuol essere visto da donne di una certa fascia d’età, probabilmente casalinghe. Anche individuare il giorno – o il periodo – più adatto alla messa in onda o all’uscita su carta della nostra pubblicità, non è semplice.

Sono tutte valutazioni che un imprenditore può essere anche in grado di fare, ma certo non ha l’esperienza necessaria a muoversi con sicurezza; interviene , quindi, la società che si occupa di barter advertising. Fin qui, infatti, abbiamo considerato tutte le attività di analisi che farebbe anche una tradizionale agenzia pubblicitaria. Una Barter Company – questa la definizione appropriata- esaminerà, dopo questa attività preliminare, le merci, siano servizi o prodotti, che la nostra azienda vuole “spendere” in cambio di una campagna pubblicitaria. Concorderà quindi con il cliente il valore da attribuire alla merce e la quantità da consegnare in rapporto al costo della campagna pianificata. Sempre la Barter Company, acquisterà gli spazi pubblicitari e li rivenderà alle aziende clienti, ritirando le merci in pagamento. Neanche un centesimo di spesa, fino a questo momento, nonostante una qualificata attività svolta da professionisti seri, preparati e con grande esperienza. Il primo dei grandi dubbi che potrebbero cogliere un imprenditore intenzionato ad affrontare questo investimento potrebbe essere : quali prodotti sono adatti ad un operazione di Bartering? La risposta, nella stragrande maggioranza dei casi e per la stragrande maggioranza delle Barter Company è: TUTTI. Non esistono prodotti o servizi che non abbiano una fetta di mercato di riferimento, che si tratti di cibo per gatti o termosifoni, gioielli o tende da campeggio, ogni prodotto potrà essere ricollocato – rivenduto – con successo. E mentre l’azienda beneficerà della pubblicità appena uscita, i prodotti … che fine fanno? Come e dove saranno rivenduti? Molto spesso, i prodotti che la Barter Company riceve come pagamento vengono commercializzati in negozi particolari, Adv store, accessibili solo a chi è dotato di una tessera particolare. In questo modo, la Barter Company è in grado di selezionare una clientela estesa ma non casuale, offrendo beni e servizi a clienti provenienti da Paesi e mercati diversi. Anche l’incontro indiretto tra gli acquirenti degli store e i prodotti dell’azienda può rivelarsi una occasione per farsi conoscere in zone del mondo altrimenti non collegate alla propria attività. Succede non di rado, infatti, che arrivino nuovi ordini e contatti proprio grazie all’acquisto di beni in questi negozi.
Insomma, ad una analisi anche approfondita, l’operazione appare vincente e proficua su tutti i fronti. Non essendo una novità sul piano economico, è ben regolamentata anche dal punto di vista contrattuale. In più, si conoscono già le migliori società a cui rivolgersi e si può, una volta entrati in contatto, valutare serenamente l’intera operazione senza temere grosse delusioni. Anche acquistare negli store , puo’ essere una esperienza interessante: ci si trova sempre in presenza di prodotti – o servizi, è bene ricordarlo – selezionati ed offerti a pochi – si fa per dire – clienti, che cambiano di continuo. Riassumiamo quindi i motivi per prendere in considerazione un investimento promozionale di questo genere:

a) possibilità di avere a disposizione esperti in grado di pianificare la migliore strategia per il tipo di produzione;
b) libertà di scegliere, in accordo con gli esperti, le modalità ed i mezzi preferiti, siano essi tradizionali – carta stampata, promozione televisiva, televendita, spot per circuiti vari, ma anche web promotion e social marketing;
c)pagamento attraverso merce in eccedenza, valutata in modo attento ed appropriato;
d)ampliamento del giro d’affari, sia come effetto diretto del ritorno pubblicitario in senso stretto, sia come effetto secondario, dato dall’incontro di nuovi clienti con i propri prodotti negli adv store;
e) pagando con merce in eccedenza, non si compromette la liquidità aziendale;
f) il bilancio beneficia di una riduzione del magazzino fiscale, che quindi non impatta sugli utili d’esercizio;
g)non è necessario ricorrere a fidi , prestiti o finanziamenti.

In definitiva, secondo il nostro parere, è comunque un vantaggio, che l’azienda sia in difficoltà o meno. Probabilmente, in un futuro non lontano, gli adv store saranno molto più numerosi e ancora di più lo saranno le aziende propense a convertire e “barattare” la produzione in eccesso con un marketing personalizzato, efficace, sicuramente utile ai fini della crescita del proprio volume d’affari, che si tratti di una piccola impresa o di una multinazionale quotata in borsa.